Medoc - Michele De Lucchi

Homefullness è una promessa, ed insieme una speranza, di rivoluzionare dolcemente il modo di vivere il nostro ambiente più intimo e sacro; il santuario privato di ogni essere umano migliorandone comfort e salute. Se tutto inizia dalla testa e il nostro cervello si divide in due emisferi – razionale ed emotivo – questo trend è un flusso energetico che scorre nelle arterie della progettazione d’interni (e sempre più spesso parallelamente a quella outdoor) delle case presenti e future. Una terapia full-immersion per scoprire alcuni principi guida che possano aumentare il livello di benessere all’interno del nostro spazio domestico. Un gioco di vasi comunicanti che dal mondo interiore si apre verso il microcosmo dell’interior, le nostre architetture interne compenetrano quelle edificate alla ricerca di un nuovo punto di equilibrio. 

Se mindfulness raccoglie l’insieme dei processi psicologici e gli esercizi di meditazione per raggiungere una migliore “consapevolezza” di sé e della propria mente, homefulness svolge la stessa azione per la nostra casa. Una pratica millenaria che potremmo far risalire al buddismo per poi essere filtrata e adattata alla medicina e psicoterapia cognitivo-comportamentale occidentale dal biologo molecolare Kabat-Zinn.  

Homefullness trae origine dall’Atlante delle emozioni umane (Book of human emotions) di Tiffany Watt Smith. Un vero e proprio dizionario enciclopedico di ben 156 emozioni, alle quali spesso non sappiamo attribuire un nome e dei contorni definiti. Una di queste è per l’appunto homefullness: una sensazione squisitamente umana, che racconta il piacere e il benessere del tornare nel grembo materno, la nostra dimensione più intima. (Sapevate che esiste un’emozione intrisa di un misto di nervosismo, eccitazione e felicità che si sperimenta in attesa di ospiti a casa)?

E’ lei a codificare questo piacere di arrivare nel luogo che sentiamo nostro, oggi ripresa dai professionisti della progettazione d’interni come “faro sicuro d’ingresso al porto” del lavoro presente e futuro.

Parte tutto da lì, il nostro sentire interiore invade i luoghi dell’abitare e si lascia colonizzare da sensazioni di serenità e calma: frutto di una progettazione armonica ed equilibrata, ordinata nella distribuzione degli elementi di arredo, una palette colore all’insegna della naturalezza e delle nuances della terra, la sapiente modulazione della luce (sia essa naturale o artificiale).  Non dimenticate di ritagliarvi spazi tematici dal perimetro definito ma flessibile – l’open space è foriero di libertà – altre volte serve una linea di demarcazione che sappia abbracciare e contenere i nostri momenti di privacy, svago o lavoro, lontani da occhi indiscreti.

Lo scioglilingua creato dalla filosofia giapponese wabi-sabi, come celebrazione dei materiali naturali e dell’imperfezione salvifica, crea l’innesto tutto occidentale di questa tendenza applicata alla disciplina della progettazione d’interni. Gli esperti annunciano Homefulness come tendenza dominante per il 2022, ed oltre, perché incarna al meglio il legame con lo spazio vitale circostante, da trasformare per sentirlo proprio.

Se Biofilia – dal greco amore per la vita – ci ha insegnato negli ultimi anni la legge d’attrazione che intercorre tra uomo e natura, una trasposizione all’interno delle pareti domestiche è possibile.

Il concetto di homefullness non può prescindere dal far entrare le piante e il verde all’interno della sinfonia compositiva del nostro mondo abitato.  Aggiungere le piante contribuisce ad innalzare l’equalizzazione  di  colore e vivacità a tutto vantaggio di un’atmosfera gradevole nella quale depressione e solitudine sono mitigate dalla presenza di questi esseri viventi, purificatori d’aria e combattenti dell’inquinamento elettromagnetico . 

L’ordine è il principio interno al cosmos.

E questo vale a maggior ragione per il nostro “microcosmo”, una sensazione di misurata compostezza, leggerezza e pulizia fanno germogliare sensazioni di benessere e sono un valido antidoto allo stress del quotidiano e della vita che ci attende fuori. La scienza moderna ci ha educato a superare l’apparente contraddizione, il dualismo tranchant tra caos e ordine: esiste dell’ordine nel caos e del disordine nell’ordine? Basta trovare il giusto equilibrio.

Il Caos rappresenta nell’antica mitologia lo stato primordiale di vuoto e buio anteriore alla creazione. Secondo Platone è lo stato della materia informe e rozza a cui attinge il Demiurgo per la formazione del mondo ordinato, il Cosmo.

E’ giunto, dunque, il momento di fare luce e illuminare i nostri mondi.

Centrale è il ruolo dell’illuminazione nella progettazione d’interior, lo studio della luce naturale e del suo fluire nell’arco della giornata porta a desiderare ampie vetrate e affacci che permettano d’interiorizzare e godere del paesaggio esterno, sia esso urbano o bucolico (quando e dove possibile ovviamente, senza polemiche). Valida alternativa, o soluzione complementare, è l’attento studio di un progetto d’illuminotecnica con la presenza discreta di lampade e punti luce diffusi per creare atmosfere distese e avvolgenti. Corpi illuminanti capaci di scolpire spazi tematici e aree funzionali sia nella zona giorno che in quella notte. 

Non è importante il quanto ma il cosa, e quindi saper scegliere e selezionare accuratamente arredi, finiture, accessori, tappezzerie e tessuti che diventeranno nostri compagni di vita, co-inquilini silenziosi ma perennemente presenti e visibili dal momento del risveglio a quello del rientro a casa. La semplicità è la perfezione allo stato puro, o per dirlo con le parole di Antoine de Saint-Exupéry “ La perfezione si raggiunge non quando non c’è più niente da aggiungere, ma quando non vi è più niente da togliere.“ -. Un’inarrivabile meta per quanto sembri a portata di “mano”, non è il minimalismo (che nasce dal movimento artistico newyorchese omonimo degli anni ’60) che è sinonimo di riduzione all’essenza. Il famoso motto “less is more” attribuito, forse erroneamente, a Mies Van Der Rohe sposta l’asticella ad altezze vertiginose per i comuni mortali.

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Nel saggio Ornament and Crime il rigoroso architetto Adolf Loos scriveva:  “Lo sviluppo della cultura è concomitante con la rimozione degli ornamenti dagli oggetti di uso quotidiano.” Una sorta di rasoio di Occam nei confronti di un eccessivo utilizzo di “fronzoli e decorazioni” afferenti il movimento Art Nouveau. Loos era fermamente convinto che una committenza raffinata e colta prediligesse circondarsi di un arredamento ed accessori dalle superfici lisce, mobili realizzati con materiali semplici ed onesti, caratterizzati da quella che, molto tempo dopo, verrà definita un’estetica minimalista. Questi tempi difficili ci hanno costretto ad attingere dal nostro passato, compiere un ampio giro di ricognizione con un angolo di 360 gradi alla ricerca di valori fondanti, nel tentativo di dare nuovo senso allo spazio abitato e concepire il nostro paesaggio domestico come un organismo che ci difenda dal mondo esterno.

La forma è anche sostanza e le linee morbide ed “organiche” possono influire beneficamente sui nostri stati mentali; smussare angoli e spigoli per infondere calma e tranquillità visiva a spazi da riscrivere utilizzando una grammatica ed una punteggiatura lontana da eccessi e protagonismi.

Il principio archetipo secondo la visione homefullness è vivere il progetto della  propria casa come un processo in divenire, da costruire giorno per giorno, seguendo il flusso del tempo e gli stati d’animo al fine di realizzare uno spazio personale, nel quale riconoscersi e ritrovarsi, in grado di donare massimo comfort a se stessi e alle persone che amiamo. 

Uno stile home décor semplice e naturale è il prologo ad una progettazione dell’abitare essenziale, lineare e armonica, che mette in primo piano materie e materiali, texture sempre più stratificate e tridimensionali, pareti protagoniste dell’arredamento. Il colore diventa progetto cromatico ed è studiato per dar maggior respiro e vitalità agli ambienti; così come l’inserimento di pelli materiche in legno, metallo e carte da parati ingentilite da soggetti grafici, artistici o personalizzabili .

Lasciate che sia uno stile coerente a guidare le scelte degli elementi di arredo, evitate mix and match pretenziosi (a meno che non siano eseguiti da mani e menti esperte); il vuoto non è assenza e non deve spaventare, sempre meglio dell’eccessiva proliferazioni di oggetti e richiami. La pulizia visiva è un valore non horror vacui, iniziamo con lo styling dell’ingresso – forse la dimensione dell’accoglienza va recuperata – per poi proseguire con il cuore della casa.

Il sottile filo d’Arianna che ci collega alla natura – il più possibile autentica ed incontaminata, a volte basta anche un parco o giardino vicino a casa a risvegliare quelle vibrazioni collegate alla musica a 432 hertz (definita da alcuni love frequency) che nasce dal battito di madre natura. Anche se non l’avvertiamo a primo impatto, è l’intero Universo a vibrare a questa frequenza. L’abuso dell’aggettivo sostenibile, con pletorica estensione a eco-sostenibile, allunga la sua ombra fin sui materiali naturali: legno, vimini, bamboo, rattan, midollino, juta, lino. E’ diventato di vitale importanza sapere da dove provengono, come sono stati coltivati e quale filiera produttiva abbiano seguito prima di poter gridare al “miracolo” della natura in casa.

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Gli osservatori che si occupano di monitorare le direttrici di sviluppo dei nuovi trend nella ristrutturazione della casa sottolineano una sensibile crescita nell’acquisto di materiali preziosi e disponibili in quantità non certo illimitata: marmo, granito, quarzo e battuto di terrazzo alla veneziana. Un nuovo dizionario del lusso va riscritto in chiave di consapevolezza e sobrietà, sacrificando se necessario quello sfarzo e scintillio appartente ad un recente passato (spesso sinonimo di un gusto baroccheggiante attribuito ai nouveaux-riches).

Il tema della casa come rifugio “sacro”, a cui dedicare particolare cura e attenzione, ci è sempre stato profondamente a cuore, tanto da scendere nel dettaglio di una scrupolosa lettura e comprensione delle certificazioni che, al di là di codici e loghi, attestano la volontà di elevare il legno al rango di materiale nobile, portatore di sano benessere e “lievito madre” della qualità dell’abitare. Una superficie naturale come il legno sa accogliere e trasmettere benessere, calore, armonia e tranquillità quasi per osmosi, ed è percepito come tale attraverso i sensi. Una filiera produttiva, dall’albero in foresta al prodotto posato, ha la responsabilità etica e morale di applicare i criteri più stringenti per rendere i prodotti liberi da sostanze invisibili ma potenzialmente dannose (quali pentaclorofenolo, formaldeide, agenti patogeni) nel pieno rispetto e tutela della salute e dell’ambiente.

Anche questa è una concreta ed autentica azione di “homefullness”, perché la salubrità non può essere sottomessa al solo paradigma estetico/emotivo.


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