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Alessandro Mendini è morto nel febbraio dello scorso anno. Era nato nel 1931 e ha attraversato con la forza della sua intelligenza quasi 60 anni di storia dell’architettura e del design internazionale, da brillante protagonista di successo ma sempre critico di ovvietà e luoghi comuni. Ha costruito così un suo grande, personale eppure pubblico monumento al dubbio, all’incertezza e all’ironia come possibili strumenti del lavoro progettuale.

Alessandro Mendini

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È triste dunque, quasi più della sua scomparsa, che a distanza di molti mesi né nei media né nei musei italiani nessuno abbia ancora reso l’omaggio giusto, proporzionato a un pensatore senza cui alcuni di quegli stessi media non sarebbero vissuti tanto a lungo. Eppure sarebbe il personaggio adatto a cover stories da molte migliaia di copie, a mostre di sicuro successo di pubblico e critica.

Certo, il Groninger Museum ospita fino al maggio 2020 una sua grande retrospettiva: ma si tratta di una mostra organizzata dal museo che egli stesso ha progettato, da lui stesso curata e iniziata già mesi prima della sua scomparsa. E comunque il Groninger Museum è, appunto, un museo olandese.

Nemo Propheta in Patria si rivela un mantra sempre utile da ricordare, per chi non intende dedicare la propria vita e la propria arte solo ed esclusivamente all’esito economico del lavoro. O è forse un karma che perfino i più riconosciuti Maestri si portano dietro anche nella tomba?

Dubbi esistenziali a parte, viene da suggerire qui almeno un titolo per un ipotetico progetto (mostra, libro, video, film) dedicato al rifondatore – tra le altre imprese – della rivista domus, dopo 50 anni di direzione di Gio Ponti.

L’intellettuale al servizio dell’immaginazione – parafrasi della seconda rivista di Breton Il surrealismo al servizio della rivoluzione – renderebbe bene il senso del suo impegno di tanti anni: la declinazione di un disperato pessimismo nelle forme del positivismo instancabile della cultura del design, o nell’ancor più idealistica visione dell’architetto come demiurgo.

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Architetto, soprattutto italiano, cui invece Mendini ha ridato la dimensione dell’odore di cavoli bolliti nelle portinerie di stabili vecchie glorie della Milano bene dove ancora tenere lo studio; la preoccupazione per i contributi Inarcassa da versare e quel figlio non troppo rispettoso che di lavorare nello stesso studio proprio non vuole saperne; il mal di testa del lunedì mattina e il rilassamento del venerdì sera, quando anche l’ultimo cliente smette di telefonare in ore assurde.

Sempre però con ben saldo in mente il sogno del grande progetto, il corrispondente della “Great American Novel” (il Grande Romanzo Americano) che ogni architetto di qualche ambizione – Mendini incluso – ha sognato di declinare in forma progettuale, nell’edificio sintesi di tutte le arti, a cominciare dalla propria.

Quali voci dovrebbe allora contenere l’ideale “catalogo anticonformista” delle tante anime di questo intellettuale dell’immagine? Se ne ipotizzano qui alcune.

Architettura come auto-biografia 

Vissuta soffertamente almeno dagli anni Settanta, criticata attraverso Casabella, rilanciata attraverso Domus, realizzata a partire dalla seconda metà degli anni Novanta ma sempre in equilibrio tra costruzione e ribellione. Con alcune punte di alto ottimismo, come il capolavoro Groninger Museum a Groningen o la  – meno nota e fortunata – Casa della Felicità per Alberto Alessi.

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Stazione Materdei – Metro Napoli
Stazione Materdei – Metro Napoli

Industria

Quasi più che il design, il focus del suo lavoro di esponente (anche ribelle) di una borghesia imprenditoriale che comunque vede nel progetto delle “cose” utili la possibilità:

a) di una nuova estetica b) di un sostegno a società, cultura ed economia di un paese complesso come l’Italia.

Caso esemplare ancora Alessi, un’industria ri-creata a quattro mani da Mendini e Alberto Alessi

Alchimia e Psicologia

L’artista è anche un mago capace di trasformare il piombo in oro, derivare dalla sostanza meno nobile il materiale – e la forma, nello specifico del mestiere – più nobile. Lo aiutano l’introspezione psicologica dell’intellettuale di opposizione, insoddisfatto dello status quo, dedito alla ricerca dell’invenzione, del non visto o del deja-vu (sensazione psicologica primaria del visionario). Pratiche descritte da Sandro in molti suoi scritti, “poesie” e disegni. Materializzate spesso e volentieri con lo Studio Alchimia (prima ancora Alchymia) di Alessandro Guerriero.

Riviste

Sono allo stesso tempo mezzo informativo ed espressivo, piccoli Gesamtkunstwerk (comprendono scrittura, grafica, fotografia, disegno, illustrazione, poesia, satira, tipografia…) portatili per appassionati o no. Contengono – tra Casabella, Modo, Domus 1 e 2, OllO – un’enorme mole di suoi scritti che spaziano in tutte le sue passioni e fissazioni: ma soprattutto sono enciclopedia di 40 anni del lavoro internazionale sul progetto al livello più alto, manuali per la rivelazione di talenti nuovi o la riscoperta e “riabilitazione” di quelli passati.

Scouting

Parallela al suo lavoro critico e di progetto scorre la vena della ricerca e scoperta di nuovi talenti in tutte le discipline (dall’arte all’architettura). Lanciati con le copertine di domus negli anni Ottanta, coinvolti in decine, forse centinaia, di progetti per mostre e/o industrie, raccontati nei suoi scritti e libri, molti – ancora oggi protagonisti della scena della cultura di progetto e visione – da Gehry a Isozaki , da Nanda Vigo a De Lucchi, da Giovannoni a Cattelan, devono a Mendini la prima (e a volte anche la seconda) possibilità di emergere sulla scena italiana e internazionale. Me compreso.

Dunque, che fare? Su come mettere in pratica questa ipotesi di lavoro stiamo riflettendo concretamente, con alcune aziende tra cui anche Listone Giordano. Questo testo può essere un primo passo, un modesto ma sentito omaggio all’ultimo tra gli scomparsi Maestri del progetto, che non merita di essere dimenticato: un modo per moderare la commozione e provare ad andare al centro della sua grande, per certi versi incompiuta, avventura intellettuale.


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