Lotte am bauhaus

Sono stati innumerevoli gli articoli, le citazioni, i richiami, più recenti i libri dedicati ai talenti “femminili” dell’Istituzione Bauhaus fondata dal mago-maestro Walter Gropius (come lo definiva Oskar Schlemmer). Il film ARD in originale “Lotte am Bauhaus” è il racconto cinematografico della vita al femminile nella “rivoluzionaria” scuola di architettura e design, arte e artigianato; nobile intento con un risultato piuttosto schematico e freddo.

L’estro di un film che vuole rappresentare modelli non-convenzionali, di rottura con il passato ed araldi della modernità, propende per ritratti dinamici di giovani discinti che saltellano sullo sfondo di un qualche paesaggio (naturale o artificiale che sia). La nudità diventa metafora di “capitolazione dei tabù”, segno d’indipendenza e latente propensione allo scandalo. 

Lotte Am Bauhaus

Se non si può istituire, in questo senso, una categoria universale, il film per la televisione “Lotte am Bauhaus” conferma questa regola empirocentrica. L’innovativa scuola di design e architettura moderna, anticonvenzionale di Weimar, Dessau e, infine, Berlino si apre proprio con la scena di giovani studenti che si aggirano – improvvisando movenze di danza – attraverso la foresta e lungo le sponde di un piccolo fiume (non è un’immagine completamente estranea al principio mazdaznaniano di Itten, maestro esoterico, vegetariano ed incline ad una rigida disciplina del corpo per la purificazione dello spirito in voga alle origini dell’Istituto). E’ qui che Lotte, una giovane del villaggio, fa il suo incontro con i membri del Bauhaus.

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Allo scadere del primo secolo di vita dalla sua fondazione, i riflettori sembrano accendersi sulle donne che hanno fatto del Bauhaus la loro scuola. A queste voci lontane fa eco quella di una donna contemporanea – Ursula Von der Leyen, President of the European Commissionche – che richiama alla creatività di quegli anni per rinvigorire l’epoca presente: “If the European Green Deal has a soul, then it is the New European Bauhaus which has led to an explosion of creativity across our Union”.

Classi, laboratori, luoghi di crescita vitale intellettuale, professionale e sentimentale erano frequentati da poliedriche artiste, che la memoria storica sta restituendo in tutta la loro luminosa ed intensa bellezza: studentesse ma anche insegnanti, al fianco dei giganti “uomini” del peso di Walter Gropius, Paul Klee, Wassily Kandinsky e Ludwig Mies van der Rohe. Noi le abbiamo messe al centro, dove rimane ancora uno spazio immenso da esplorare: Anni AlbersGunta Stölzl; Marianne Brandt; Marguerite Wildenhain; Lucia Moholy; Alma Siedhoff-BuscherLilly Reich, Ilse Fehling, Ise Frank, Friedl Dicker, Ré Soupault e Otti Berger.

Così accade nella pellicola “Lotte al Bauhaus” (come nel libro la Signora Bauhaus, scherzoso titolo che Gropius affibbia alla sua seconda, importantissima moglie, e ne La ragazza del Bauhaus – che narra la storia romanzata di una delle prime caparbie studentesse di architettura); protagonista è una donna, appassionata di disegno, costretta però a celare questo talento al padre, che la vorrebbe impiegata nella sua falegnameria. Il bizzoso destino le fa incontrare lo studente del Bauhaus Paul Seligmann, il quale le schiude le porte del laboratorio-bottega della scuola dove si scolpiva e intagliava il legno (guardato con sospetto dai più).

Lotte Am Bauhaus

Il “viaggio” dell’eroe – come ogni avventura fantastica – è puntellato, si sa, di difficoltà e antagonisti; per questo Lotte entra al Bauhaus contro la volontà del padre. In questo curioso e sperimentale ambiente, ha la possibilità di dimostrare il suo acerbo talento e, alla fine, vincere ogni “opposizione”. L’amore è un ingrediente che s’impasta con la ribellione giovanile e il conflitto familiare, per uscirne poi rafforzato: i due giovani Bauhäusler s’innamorano e formano una coppia (così come molte coppie si crearono all’interno della scuola e nella sua propaggine) hanno un figlio, lui la tradisce, avviene la separazione e – il finale non va bruciato.

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Il film è legato al documentario di 30 minuti dedicato esclusivamente alle “Bauhaus women”. Lotte Brendel, nonostante sia frutto della narrazione cinematografica, è ispirata a figure reali (il film è girato in location reali e i personaggi sono fedeli ai ritratti storici dei protagonisti del modernismo). La progettazione del set di giocattoli in legno “Little Shipbuilding Game”, e l’arredamento che caratterizza la stanza dei bambini, riprende filologicamente la casa modello di Haus Am Horn, e gli spunti creativi del lavoro di Alma Buscher (una delle straordinarie allieve sfuggita alla cosiddetta “classe femminile di tessitura” ed imporre le sue capacità di designer e scultrice nel laboratorio di falegnameria ed arte del legno).

Forse a qualcuno risuona il titolo dell’opera di Thomas Mann “Lotte a Weimar”, un rimpianto sentimentale e una delle migliori rappresentazioni novecentesche della figura di Goethe. In fondo, la città di Weimer merita di essere annoverata, descritta e vissuta come parte integrante della storia del Bauhaus, grazie all’eredità culturale che porta in dote ai giovani velleitari artisti e l’humus che per anni l’aveva fertilizzata.  


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