Charlotte Perriand sdraiata sull’iconica chaise longue in tubo d’acciaio, opera sua, di Le Corbusier e Pierre Jeanneret, 1929 © Perriand e Jeanneret, VG Bild-Kunst. Bonn 2021, © Le Corbusier: F.L.C./VG Bild-Kunst, Bonn 2021

In una stagione di scarsa innovazione formale ma animata dalle turbolenze sulle definizioni di genere nell’arte, il Vitra Design Museum proverà a raccontare la storia delle donne nel disegno del mobile: una combinazione di grandi talenti ma di storica subalternità, che però da qualche tempo evolve inesorabilmente verso la parità.

I don’t think any man could actually compete with her. If we can eliminate the practice of talking about female architects, it would be the greatest tribute we could give her.

Credo che nessun uomo potesse competere con lei. Se potessimo finirla con l’abitudine di parlare di architetti donna, sarebbe il più grande omaggio che potremmo farle.

Eva Jiřičná, sulla prematura morte di Zaha Hadid, in The Guardian, 1 aprile 2016

Quando nel 2012 iniziammo con Italcementi l’avventura del premio arcVision: Women in Architecture, fu paradossale la prima reazione di Odile Decq, una delle più importanti donne architetto della sua generazione: un deciso rifiuto ad accettare il mio invito a far parte della Giuria, stroncando l’iniziativa come discriminatoria e sessista. Salvo poi accettare dopo qualche tempo l’offerta, in base a qualche mai spiegato ripensamento.

Charlotte Perriand sdraiata sull’iconica chaise longue in tubo d’acciaio, opera sua, di Le Corbusier e Pierre Jeanneret, 1929 © Perriand e Jeanneret, VG Bild-Kunst. Bonn 2021, © Le Corbusier: F.L.C./VG Bild-Kunst, Bonn 2021
Charlotte Perriand sdraiata sull’iconica chaise longue in tubo d’acciaio, opera sua, di Le Corbusier e Pierre Jeanneret, 1929 © Perriand e Jeanneret, VG Bild-Kunst. Bonn 2021, © Le Corbusier: F.L.C./VG Bild-Kunst, Bonn 2021DR/AChP. Source : Archives Charlotte Perriand ©ADAGP-AChP 2006.

Con l’evolversi di quell’esperienza, la definizione di rigorosi criteri etici nella selezione delle nominations e la creazione di una giuria estremamente competente ed equilibrata, di sole donne, l’arcVision Prize Women in Architecture si è affermata invece non solo come la prima, unica (e non più ripetuta) esperienza internazionale di premio alle donne architetto: ma anche come un’indagine attenta ed approfondita sul rivolgimento che stava avvenendo in quegli anni, nello squilibrio tra i generi nella professione e nei suoi risultati concreti. Viene naturale quindi ricordare l’intenso lavoro svolto per quel premio, grazie alla generosità di Carlo Pesenti allora CEO di Italcementi (e all’impulso dato al programma da Sergio Crippa, Responsabile delle Relazioni esterne e ideatore del Premio), pensando alla nuova iniziativa del Vitra Design Museum: l’esposizione Women in Design che aprirà in settembre nella storica sede di Weil am Rhein, al confine svizzero/tedesco.

Progettata da Frank Gehry, ma progressivamente diventata il centro di gravità di un campus di edifici sempre più allargato – a iniziare proprio dalla ex Fire Station, progettata e completata da Zaha Hadid nel 1993 – la bianca de-costruzione ospiterà il racconto degli oggetti di più generazioni di designer donna:

Eva Stricker-Zeisel, designer e ceramista ungherese (1915-2020) attiva in Germania, URSS e USA, nella fabbrica di ceramica Schramberg, 1929 © Stadtmuseum Schramberg
Eva Stricker-Zeisel, designer e ceramista ungherese (1915-2020) attiva in Germania, URSS e USA, nella fabbrica di ceramica Schramberg, 1929 © Stadtmuseum Schramberg

dalle “pioniere” Charlotte Pierrand, Aino Aalto, Ray Eames o Cini Boeri, fino alle più recenti, marcate personalità, come Patricia Urquiola che – tranne un breve “apprendistato” prima con Piero Lissoni, poi con Maddalena De Padova e Vico Magistretti – ha saputo condurre una sua personalissima ricerca e (copiosa) progettazione e produzione di arredi e oggetti.

Certamente uno dei nodi problematici della questione donna/uomo nel design moderno è l’offuscamento più o meno accentuato delle figure femminili, soprattutto quando le loro esperienze sono avvenute nella collaborazione con uomini di ampia fama: così è stato per Charlotte Perriand con Le Corbusier, Aino Marsio con Alvar Aalto e – per certi versi, Ray Kaiser con Charles Eames. Anche il sovrapporsi definitivo, per le coppie Aalto e Eames, del nome di lei con quello di lui, fa parte di un sistema di potere e di racconto in cui la donna in qualche modo finisce per risultare un’immagine rispecchiata dell’uomo, per quanto vivace e determinante. Il caso di Charlotte Perriand è, se possibile, ancora più grave. Per quasi 60 anni i mobili disegnati e realizzati per il Salon d’Automne di Parigi del 1929, in collaborazione con Le Corbusier (Charles-Eduard Jeanneret) e il fratello Pierre Jeanneret sono stati attribuiti unicamente a Le Corbusier stesso: tanto che la serie, prodotta da Cassina a partire dal 1965, porta – ancora oggi – la sigla LC. Negli ultimi decenni, grazie all’importante lavoro svolto dalla figlia Pernette che dal 2000 si occupa del suo ricco archivio, l’opera di Charlotte Perriand ha riacquistato il pieno riconoscimento: anche con la rimessa in produzione di altri suoi mobili sempre da parte di Cassina, storica azienda già produttrice della serie LC e che la stessa Charlotte aveva scelto per dare continuità al resto della produzione da lei disegnata.

Aino Aalto, serie di vetri Bölgeblick per Ittala, 1932 © Vitra Design Museum, ph. Andreas Sütterlin
Aino Aalto, serie di vetri Bölgeblick per Ittala, 1932 © Vitra Design Museum, ph. Andreas Sütterlin

Si tratta però comunque di tempi lunghissimi, perfino per un campo come il design dove possono passare anche decenni prima che un prodotto, disegnato magari “troppo presto”, acquisti l’importanza e il riconoscimento che merita: tanto che le grandi mostre dedicate a Perriand designer, ma anche architetto e fotografa, scomparsa nel 1999 all’età di 96 anni, sono avvenute tutte postume.

Culturalmente più interessante della triste – e banale – messa in ombra del ruolo delle donne designer nella narrazione “ufficiale” è però un’altra tematica di differenza, che si annuncia nella mostra del Vitra Design Museum, evidenziata già dalle prime immagini dei prodotti che vi saranno esposti. Siano essi le lampade di Greta Magnusson o di Nanda Vigo, i cabinets di Eileen Gray, una poltrona di Grete Jalk o di Clara Porset e perfino un semplice (in apparenza) tavolino in vetro di Patricia Urquiola, mostrano e dimostrano un’attitudine diversa di ricerca, una passione per la complessità e – perché no – la complicazione, come complicata in genere è la vita di una donna, che le hanno forse reso meno facili da digerire, prima alle industrie produttrici e poi al mercato: proprio perché non puntano a creare il gadget ideale per vecchissime funzioni, non sono solo “pensate”, per quanto geniali, ma piuttosto sembrano voler rimettere in discussione la natura stessa degli oggetti. Così che sembra proprio questa diversa e più radicale attitudine ad aver determinato una loro “visibilità” inferiore nel panorama dell’arredamento moderno e contemporaneo, certamente non voluta dalle autrici ma che spesso le ha poi spinte su una strada molto vicina a quella dell’arte, come nel caso esemplare di Nanda Vigo.

Ray Kaiser Eames al lavoro su un modello di architettura, 1950 © Eames Office LLC
Ray Kaiser Eames al lavoro su un modello di architettura, 1950 © Eames Office LLC

Ora che certe disparità iniziano a ridursi, in anni in cui si sente nettamente l’oggettiva crisi creativa dei designer uomini – se non altro per sovrabbondanza di prodotti già disegnati – e in cui le aziende sempre più richiedono la collaborazione delle progettiste, si profila una nuova generazione di oggetti, mobili e prodotti ispirati proprio alla loro vena creativa più imprevedibile, insolita e originale, che racconta anche la mostra del Vitra Museum.

Torna in mente una vecchia, scherzosa ma non troppo, canzone del musicista blues-rock-bop Ry Cooder: Women will rule the world, Le donne governeranno il mondo. Potrà non essere così, o potranno le stesse donne governarlo male quanto gli uomini: ma che al potere anche in campo artistico e progettuale prima o poi le donne potranno pienamente partecipare – senza che nessuno se ne meravigli o canti chissà quale vittoria epocale – sembra una possibilità sempre più concreta.

Patricia Urquiola, tavolo in vetro Shimmer, Glas Italia 2019 © Vitra Design Museum, ph. Andreas Sütterlin
Patricia Urquiola, tavolo in vetro Shimmer, Glas Italia 2019 © Vitra Design Museum, ph. Andreas Sütterlin

Per gli uomini, cui il destino evolutivo non sembra riservare grandi sorprese in futuro, potrebbe essere sufficiente almeno non ostacolare questo processo, e riconoscere il giusto valore, l’attribuzione autentica della qualità del lavoro alle donne che, con determinazione spesso ancora più forte di quella maschile affrontano il difficile lavoro del progettare, del costruire e del produrre.


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