La fine della lunga quarantena è legata al desiderio di gite fuori porta, weekend rilassanti ed al desiderio di normalità che porta a raggiungere quello che normalmente si vede solo con la vista.
E la vista dalla larga pianura Padana nei giorni tristemente sereni della clausura spesse volte mostrava il massiccio del Rosa, una montagna incantata che mi ha fatto tornare in mente una citazione di uno dei più grandi scrittori francesi, Honoré de Balzac: “Un delizioso piccolo lago ai piedi del Rosa, un’isola ben situata sull’acque calmissime, civettuola e semplice, (…). Il mondo che il viaggiatore ha conosciuto si ritrova in piccolo, modesto e puro: il suo animo ristorato l’invita a rimanere là, perché un poetico e melodioso fascino l’attornia, con tutte le sue armonie e risveglia inconsuete idee….è quello, il lago, ad un tempo un chiostro e la vita….”.
Ora il lago d’Orta, che è meraviglioso come il suo grande vicino, il perlaceo Lago Maggiore, ha un po’ perso la sua modestia e purezza: le sponde sono pettinate, le passeggiate teutonicamente pulite e pittoresche, i monumenti lindi. Tutto è tanto bello da aver perso un poco della sua natura di accogliente provincia italiana, tanto che Piero Chiara, il cantore del fascino segreto proprio della provincia, celiava sul suo capoluogo: “Orta, acquarello di Dio, sembra dipinta sopra un fondale di seta, col suo Sacro Monte alle spalle, la sua nobile rambla fiancheggiata da chiusi palazzi, la piazza silenziosa con le facciate compunte dietro le chiome degli ippocastani, e davanti l’isola di San Giulio, simile all’aero purgatorio dantesco, esitante fra acqua e cielo”.
E non è un caso che il fascino del suo Sacro Monte – patrimonio dell’Unesco e – un po’ più prosaicamente – la grade villa neobarocca Crespi, con il ristorante del mediaticissimo chef Canavacciulo, siano ormai meta mondana.
Ma la sua punta nord, riserva ancora sorprese. È la punta con Omegna che non a caso si situa in un’altra provincia, quella di Verbania, confinando con l’Ossola, e prendendone un po’ le asprezze, ma anche i fascini dell’essere fuori dai “grand tour”.
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Un filo rosso che sa di fantasia
E un tour in un triangolo che parte da Omegna per salire alle due Quarna, per arrivare al monte Mazzoccone, non ha come patroni la filza di autori blasonati che hanno ammirato il lago con un Martini in mano, dal decadente D’Annunzio all’epico Hemingway.
Ma un personaggio dimenticato e un po’ marginalizzato dalla cultura ufficiale che ha avuto un grande merito per tante e tante generazioni di bambini: il grande Gianni Rodari, di cui quest’anno ricorre il centesimo anno dalla nascita.
Il celebre scrittore di favole, filastrocche e romanzi per bambini e ragazzi era proprio originario di queste zone: nato ad Omegna, tenne sempre alle lezioni imparate in questi luoghi dalla ruvida bellezza.
Già perché qui ogni cosa si guadagna con sudore, perché non ci sono né commerci né campi ma pochi e poveri pascoli, e qualche grama cava, allora non si può che contare su se stessi ed andare avanti, magari un po’ controcorrente. Nella Grammatica della fantasia Rodari lo dice con semplicità: “Se io avessi una botteguccia/ fatta di una sola stanza/ vorrei mettermi a vendere/ sai cosa? La speranza”.
Non è pensiero magico o fantasticheria. L’ottimismo della volontà è l’invito a fare il meglio, anche se la ragione ci spingerebbe a mollare. Una magnifica risposta al pessimismo cosmico di Giacomo Leopardi.
Lo si capisce ad Omegna con il suo corso dal fascino piccoloborghese e sabaudo, con l’operosità dei giorni feriali e la calma – meritata – del fine settimana.
Qui si può ancora avere la fortuna di sentire l’odore buono e dolciastro dei panifici e delle pasticcerie. Sempre nella Grammatica della fantasia, dopo aver precisato di essere “figlio di un fornaio”, così narra: “La parola “forno” vuol dire, per me, uno stanzone ingombro di sacchi, con un’impastatrice meccanica sulla sinistra, e di fronte le mattonelle bianche del forno, la sua bocca che si apre e chiude, mio padre che impasta, modella, inforna, sforna. Per me e per mio fratello, che ne eravamo ghiotti, egli curava ogni giorno in special modo una dozzina di panini di semola doppio zero, che dovevano essere molto abbrustoliti”.
Ed erano senz’altro ghiotti del dolce semplice e piemontese che è tipico di Omegna ma che stranamente assume molti nomi a seconda della pasticceria: inutile cercare raffinatezze “reginette”, “imperialine” o “damine”, altro non sono che due cialde di nocciole pestate con al centro cioccolato.
Quarna Sotto: il paese della musica Quarna Sopra: il paese dipinto
Ma è pochi centinaia di metri più in alto che sta l’essenza preziosa di quest’angolo di provincia piemontese: su, verso la cima del monte Mozzoccone, ci sono due luoghi che ancora di più ci parlano di questo mondo di Rodari.
Quarna Sopra e Quarna Sotto sono due paesini con meno di 700 abitanti in due, con un fascino unico: l’essere rimasti fermi a quegli anni ’20 del Novecento che videro il bambino Rodari vagare spensierato fra queste montagne.
Quarna Sopra è circondato di boschi di faggi che sono accompagnati da lunghi silenzi e nebbie di lago: un vero luogo di magia.
E ancora fuori da molte case piccoli orti di montagna crescono lentamente, verdeggianti. Che sia stato questo il luogo di ispirazione del famosissimo (soprattutto in Russia) Cipollino, una lotta di classe fra i prosaici e plebei ortaggi e quelli aristocratici di serra e di importazione?
Domina il paese il fascinoso hotel Mazzoccone, un edificio tutto finestre ed abbaini, che si affaccia nella quiete di un cortile e nella calma della cittadina.
Da vedere assolutamente il salone da ballo pranzo, una chicca ottocentesca quando ancora esistevano i “buen ritiri”. Interessantissima la storia di uno degli ultimi proprietari, famoso chef, noto per le sue composizioni di ghiaccio e di cibo che troneggiavano nei banchetti e nelle feste di grandi navi da crociera. Lorenzo Borchio, l’autore delle sculture di ghiaccio e margarina, conosciuto in tutto il mondo. È da poco scomparso, era nato qui nel 1930. Anche lui si ispirava alla magia di questi luoghi in cui di tanto in tanto tornava. Anche qui aveva modo di sbizzarrirsi tra i paesani che spesso chiedevano il suo intervento nelle cerimonie private e nelle feste di paese dove stupiva con eleganti banchetti.
Verso l’inizio degli anni ‘80 acquistò l’albergo e lo teneva aperto nel periodo estivo. Quell’albergo era parte della sua storia personale perché lo aveva frequentato sin da bambino.
È rimasta nella memoria collettiva la grande festa nella sala da pranzo per festeggiare insieme ad un gruppo di amici i suoi 80 anni: sulla tavola trovavano spazio le sue incredibili creazioni commestibili.
L’attuale proprietario, l’editore Giuseppe Finoia, ha riaperto l’albergo. Rinnovato, non ha perso l’antico fascino.
Oggi è un momento di benessere e di relax per viaggiatori curiosi, reduci magari della visita con i bambini nel Museo a valle dedicato a Gianni Rodari o desiderosi di godersi una natura meravigliosa. Apprezzato il grande bar, aperto ad ogni ora.
Ed anche il ristorante: lo chef valorizza le semplici bontà locali, come i funghi porcini di Boleto (nomen omen: Boleto è a pochi chilometri, anche se in passato andavano piuttosto venduti, magari a Milano, a caro prezzo, che mangiati). Ma anche i cibi poveri da piatto unico, latte con castagne secche, polenta con latte, tome dell’Ossola, minestra di riso con castagne (che un gastronomo come Massimo Alberini giudica «di buon sapore, ma caduta quasi in oblìo»).
Per le carni, il ristorante dell’albergo propone un lesso, un salmì. Nonché l’unica specialità locale giunta a dignità letteraria: ossia quella mortadella di fegato della quale vi è traccia in una ricetta oggi all’archivio ex reale di Torino.
Quanto poi al vino, nutritissima è la cantina degna di una lunga – anche se oggi poco praticata – tradizione vitivinicola locale che trae la sua origine dal vitigno borgognone che nel Cinquecento il cardinale Arborio aveva portato da queste parti.
Dall’hotel è obbligatoria una visita assolutamente nelle corde di Rodari. Pochi sanno della passione di Rodari stesso per la buona musica: da giovanissimo si era innamorato della musica da osteria, magari proprio qui a Quarna, e avrebbe voluto proseguire una carriera da chansonnier se la madre non l’avesse scoraggiato e indirizzato alla professione “rispettabile” di maestro di scuola.
Quarna Sotto, è un paese musicale: non solo per il magnifico festival estivo di musica o per il grande complesso bandistico ma perché proprio qui è nata una antica tradizione di produzione di strumenti a fiato.
Traccia di questa interessantissima passione locale è il Museo Etnografico e dello Strumento Musicale a Fiato ma soprattutto la ditta Rampone & Cazzani, che i buoni uffici del direttore dell’albergo riesco a far visitare.
È un’azienda italianissima, produttrice di strumenti a fiato, specializzata nei sassofoni, che sono prodotti persino in argento e oro per celebri musicisti di tutto il mondo.
La ditta venne fondata nei primi anni dell’Ottocento da Egidio Forni e da Francesco Rampone, entrambi originari di Quarna Sotto, i quali si trasferirono a Milano, dove impararono ad utilizzare torni e a fabbricare strumenti a fiato (principalmente legni), presso una bottega artigiana.
Quarna Sopra: un balcone sulla meraviglia
A pochi centinaia di metri c’è il paese fratello di Quarna Sopra.
A Quarna Sopra, in località Belvedere, più precisamente dall’area dell’ex tiro al piattello, si apre il più bel panorama del Lago d’Orta e della pianura sottostante fino a Novara e allungando lo sguardo fin agli appennini liguri, con una splendida vista dell’Isola di S. Giulio, in mezzo al lago.
Li accanto, sulle rovine dell’Albergo Belvedere noto per la sua spettacolare terrazza a picco su Omegna, è sorto un centro turistico “Mandali” un centro benessere per il corpo e per la mente che attira turisti da tutto il mondo
Come non rileggere in questo luogo magico il celebre incipit “In mezzo alle montagne c’è il lago d’Orta. In mezzo al lago d’Orta, ma non proprio a metà, c’è l’isola di San Giulio”. Così comincia uno dei più bei libri di Gianni Rodari, C’era due volte il barone Lamberto. Tra le più felici invenzioni del grande scrittore per l’infanzia, questa storia è una storia di briganti e banchieri, ma soprattutto della straordinaria personalità del barone Lamberto, invincibile e immortale, ma anche furbissimo e poliglotta eroe.
A Quarna il Festival del Muro Dipinto, nato da un idea dell’allora Sindaco Carlo Quaretta e diretto dal forlivese Andrea Mandalari, ha reso il paese un “luogo dipinto”, con grandi murales, anche qui dal tono di favola.
Da ultimo, il paese è attraversato dal “sentiero Beltrami” che ripercorre
gli itinerari e i luoghi di insediamento delle prime bande partigiane formatesi
nel Verbano Cusio Ossola (luogo dove nacque la celebre “repubblica partigiana
dell’Ossola”), durante i primi mesi dell’occupazione nazifascista (settembre
1943 – febbraio 1944). Il percorso è dedicato alla memoria del capitano Filippo
Maria Beltrami, architetto milanese, attorno al quale si raccolsero i primi
gruppi di “ribelli” nella zona del Cusio.
L’itinerario parte da Cireggio, località in cui
la famiglia Beltrami possedeva una casa di vacanza, e si conclude a Megolo,
dove il capitano Beltrami cadde il 13 febbraio 1944.
Il sentiero costeggia la cima del Mazzoccone, fra dolci pascoli in cui pascolano bianche caprette. Il monte è dominato da un monumento con un’aquila, che ricorda i caduti sulla montagna. Questo monte con il suo omonimo anello, “l’anello del Mazzoccone” è diventato meta di moltissimi escursionisti, camminatori e poi è meta fissa dei runners, anche perché è uno dei passaggi piu spettacolari dell’Ultra Trail del Lago D’Orta che nel mese di ottobre porta oltre 2000 Runners provenienti da oltre 40 nazioni a correre sulle montagne che fanno da corona al lago.
Scendendendo a valle, per riprendere la strada per le grandi città verso Gravellona Toce, non possiamo non accorgerci che le acque del lago d’Orta escono dal lago a nord. Attraversano la città di Omegna, dando vita al torrente Nigoglia, che è l’unico corso d’acqua a sud delle Alpi… a scorrere verso nord.
Quale miglior immagine, apprezzata anche da Rodari e tanto adatta a questi tempi, per descrivere una calma capacità di… andare contro corrente.
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