![Gae aulenti](https://www.listonegiordano.com/one/wp-content/uploads/2024/03/gae-aulenti-ritratto-portrait-1024x515.jpeg)
A quasi cento anni dalla nascita l’opera di Gae Aulenti, per tutti “la Gae”, è ancora luminosa nella sua complessità multimediale e per la curiosità con cui questo maestro (lei avrebbe voluto il maschile) ha attraversato discipline e prassi della cultura del progetto, in tutte le sue più recondite sfaccettature.
Esiste nei personaggi più significativi un’ansia produttiva, nel rigore e nell’impegno che sono insite nella genetica dei grandi autori. Fin da ragazzina, nata per caso in Friuli, ma poi e da subito nomade felice e inesauribile, Biella, Firenze e finalmente Milano, dove si laureerà nel 1953, sola tra poche donne ma le
sue “colleghe” si chiamavano Cini Boeri e Anna Castelli, quindi fin dall’inizio in buona compagnia, ed è molto difficile non ricordare in quale contesto si sviluppa la sua crescita culturale.
«L’architetto deve saper leggere il contesto, perché molto spesso le radici sono nascoste e sotterranee. Il saperle riconoscere e farle apparire è il grande lavoro di rilettura storica di un luogo».
Gae Aulenti
La città lombarda pullula di figure intellettuali straordinarie, ma quel che è e rimarrà unico, è la frequentazione trasversale, continua, ossessiva, oggi un ricordo lontano, così sono scomparsi i circoli culturali, vera struttura politica, sociale e culturale della città .
Giovani e vecchi si incontrano e parlano, parlano e litigano ma sono dopo qualche tempo scopriremo che si tratta di scrittori, artisti, filosofi e musicisti, tra i più grandi del novecento dunque in questo humus, “la Gae” si trova perfettamente a sua agio, e il suo lavoro sarà il frutto compiuto di questa condizione.
![Gae aulenti](https://www.listonegiordano.com/one/wp-content/uploads/2024/03/gae-aulenti-ritratto-portrait-1024x515.jpeg)
“Sono inoltre convinta che non potendosi separare il prodotto architettonico dall’epoca che l’ha voluto e ne ha permesso la costruzione, sia necessario, o meglio, indispensabile fornire le coordinate di quest’epoca attraverso l’analisi delle “dominanti” che la caratterizzano e che maggiormente condizionano l’identità delle cose costruite.”
Margherita Petranzan (Parole di Pietra).
Subito dopo la laurea ha un’occasione straordinaria di frequentare e per dieci anni la redazione di Casabella-Continuità diretta da Ernesto Nathan Rogers, una palestra intellettuale irripetibile vista la presenza dei Gregotti, Rossi, Canella etc, unica donna in mezzo a “tanti galli”, scherzerà (ma non troppo),ma è già formato quel carattere che la renderà forte anzi fortissima, tra forti, e dunque la sua carriera esplode.
Prima di tutto il design per le piú grandi aziende come Knoll, Fontana Arte, Kartell e Artemide, tra i più noti la lampada “Pipistrello” e “King Sun” per gli Showroom Olivetti di Parigi e Buenos Aires (1966-67) e, con Piero Castiglioni, la lampada “Bugia” per il Museè d’Orsay (Parigi, 1986) e la lampada “Cestello” per Palazzo Grassi (Venezia, 1986), nati come elementi complementari per i suoi progetti principali realizzati nel mondo.
A partire dagli anni ‘80 realizza una serie di importanti musei quali il Museé d’Orsay (1980- 86), trasformando la Gare d’Orsay di Parigi in uno tra i più importanti musei d’arte del mondo, quindi il nuovo allestimento del Musée National d’Art Moderne al Centre Pompidou (1982-85) e la ristrutturazione di Palazzo Grassi a Venezia (1985-86),quindi i lavori a il Museo di Arte Catalana a Barcellona, il Museo di arte asiatica a San Francisco, l’Istituto di cultura italiana a Tokyo.
![Gae Aulenti Museo Orsay](https://www.listonegiordano.com/one/wp-content/uploads/2024/03/gae-aulenti-museo-orsay-1024x657.jpeg)
Unitamente a questa lunga sequenza di edifici museali, contribuisce allo sviluppo di una serie di allestimenti per cui è famosa nel mondo, mostre di importanza capitale che hanno avuto il merito di svecchiare tutti i concetti arcaici consolidati, trasformandoli in vere e proprie architetture, e non è un caso che fin dagli anni settanta, Gae Aulenti inizia un proficuo rapporto con i maestri del teatro come Luca Ronconi e altri.
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Tra gli altri spettacoli ricordiamo “Donnerstag aus Licht” (1981) e “Samstag aus Licht”(1984) di Karlheinz Stockhausen; il “Il viaggio a Reims” (1984) di Gioacchino Rossini, diretto da Claudio Abbado, e lo “Zar Saltan” (1988) di Rimkij-Korsakov. Viaggiatrice instancabile per lavoro e per diletto, ma sempre capace di lasciare segni culturali profondi, si pensi al libro sul primo viaggio in Cina (Cina 1974) , o ai i suoi testi teorici come “Vedere molto, Immaginare molto”.
“C’è una porta discreta, che quasi non si vede tanto è mimetizzata. È il punto di contatto
Gianni Biondillo, Storie Milanesi.
fra due edifici, uno con l’ingresso in via Fiori Oscuri, l’altro in Piazza San Marco. Una porta
fiabesca dove – come Alice e lo specchio – passavi da un mondo ad un altro, da
un’identità all’altra. Al di qua eri la Gae, al di là l’architetto Aulenti.”
Gae Aulenti e la milanesità
È un’attitudine intrinseca, anche se declinata lontana dalla retorica e dal provincialismo, di cui soffre spesso la città, Gae Aulenti non è altro che frutto del suo tempo e delle sue circostanze magnifiche di crescita civile e politica, lei piccola staffetta partigiana, terrà sempre dentro di se, l’impegno che non è solo per l’affermazione della cultura e del progetto, ma saprà destreggiarsi in mezzo a tante trappole che il contesto le creerà nella sua lunga carriera, la contestata sistemazione di Piazza Cadorna, ad esempio (“ai tassisti, piace”).
Certo i suoi compagni d’avventura sono talmente affascinanti che è impossibile restarne indifferenti, non trarne nutrimento, ma quel che importa che lei lo ha fatto con una forza sicuramente maschile. E si è imposta senza usare il genere, ecco perché preferiva farsi chiamare architetto (diceva che al femminile il termine non esiste), novella Plautilla Bricci, ma molti secoli dopo.
![Gae Aulenti milano](https://www.listonegiordano.com/one/wp-content/uploads/2024/03/gae-aulenti-milano--1024x683.jpeg)
Questo dimostra quanto sia stata importante la sua azione culturale, per le nostre giovani colleghe che l’hanno seguita, negli anni successivi, dunque ha dato senso a quel “miracolo a Milano” che è imprescindibile dalla sua prestigiosa attività internazionale, tra premi, e riconoscimenti, come la Piazza a lei dedicata, nata pochi mesi dopo la sua morte (2012),tra i grattacieli della nuova City.
Di lei ricordiamo l’ironia pungente, il fumo delle Chesterfield, e la consapevolezza di aver creato un tracciato culturale trasversale, elegante, ancora molto presente nell’architettura, nel design e nel teatro, perché “la Gae” a quasi cento anni dalla nascita è sempre attuale, e ci guarda dal suo terrazzo di piazza San Marco, senza fare rumore, senza dare giudizi sui nostri tempi confusi.
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