Eleonora Orlandi Justin Timberlake Man Of The Woods Tour

C’è qualcosa di magico nel percorso formativo e creativo di Eleonora Orlandi giovane “architettrice” che dopo il consueto “nomadismo culturale” (Praga, NYC, Londra) è approdata sulla west coast, naturalmente nello studio di Greg Lynn, visionario post-progettista statunitense.

La ricerca di Eleonora si esprime partendo da una profonda innovazione linguistica e teorica come se avesse già attraversato i variegati momenti dei movimenti d’avanguardia del XX secolo, tutti, nessuno escluso e con una vivacità concettuale ed espressiva sorprendenti. Ci riconcilia con la nostra esigenza, spesso inespressa, di voler dare alla teoria dell’architettura quella dignità scientifica, programmatica  e disciplinare oggi disattesa dalla produzione corrente, dalla “necessità del fare” e dalla “dittatura del costruire”. Infatti i lavori che abbiamo analizzato si configurano come capitoli autonomi di un romanzo ancora tutto da scrivere e per lo stupore che già i soli titoli riescono ad esprimere, appaiono come una boccata d’aria fresca, una brezza serena che giunge dall’Oceano Pacifico.

Eleonora Orlandi Voyage LA Bichos in Beijing, Dirty Euphoria

Se l’architettura può nascere dall’analisi di “una colonia di nidi di uccelli sulla scogliera” allora vuol dire che questa antica e ammaccata disciplina artistica e scientifica è ancora in buona salute e non solo. Se l’impegno programmatico raggiunge questi livelli allora abbiamo ancora spazio per poterci occupare di critica e di teoria, perché quello che la Orlandi esprime è una freschezza immaginifica unita ad una profondità di pensiero che riporta l’architettura al centro della ricerca filosofica, ad una nuova “cultura della forma e del senso” che credevamo scomparse.

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Basterebbe guardare i meravigliosi disegni, la chiarezza e la complessità del percorso progettuale che non dimentica mai l’origine del gesto ideale, come se la finalità ultima dell’architettura fosse già compresa nell’intuizione del tracciato digitale che ci porta verso la sua determinazione. Certo che è complessa questa metodologia, ed è tutta contemporanea, vive al massimo le potenzialità di ogni forma di virtualità e “il dopo è un dettaglio” che rappresenta poca sostanza rispetto al processo scientifico di queste nuove forme di architettura.

Eleonora Orlandi – Cloud Fabuland

Il lavoro di Eleonora Orlandi spazia dalla ricerca sulla materia, alla fantascienza, dal design innovativo, alla produzione di mezzi di rappresentazione sperimentali, all’attenzione non retorica ai problemi ambientali (She Hot, ad esempio), all’installazione artistica, attraversando progetti come il palco multimediale di Justin Timberlake o la nuova sede della Moto Guzzi a Mandello del Lario.

Ma è anche un vocabolario di “parole nuove” che illumina nuovi percorsi e nuove possibilità per l’architettura di un presente permanente che assomiglia sempre di più ad un futuro tutto da indagare, territori sconosciuti che ridanno forza all’adrenalina della creazione intellettuale, che ci consentono di capire quale è la funzione della progettazione da oggi al 2078.

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Immergersi in questa enciclopedia di immagini, di segni, di intuizioni ma anche di riflessioni profonde sul significato di questa professione vale più di una critica sia pure stimolante, perché manifesta la perfetta coincidenza tra “sogno, segno e disegno”, dove “tutto è reale anche se è impossibile” e “tutto è possibile perché irreale”.

E’ un regalo che abbiamo ricevuto in questa scatola dei desideri che ci è giunta al di là del mondo, che ci impone delle riflessioni più impegnative anche in relazione al trasferimento del sapere architettonico e della necessità di provvedere a nuovi slanci progettuali, senza la certezza di poterli realizzare dopo averli desiderati.

Eleonora Orlandi – Cloud Fabuland

Eleonora traccia una strada che non ha ancora un linguaggio strategico, non vuole e non crede che andare oltre l’espressione teorica possa dare forza ulteriore ai principi ispiratori della sua opera, che ha già una compiutezza disciplinare organizzata  per punti, per capitoli, per forme e per spinte antropologiche.

Vediamo in questi paesaggi le quinte teatrali di un mondo nuovo e di un uomo nuovo, abitatore di spazi ancora tutti da funzionalizzare, “render avanzati” di scenari concreti e sorprendenti che ci invitano a visitare un’architettura che è tutto fuorchè virtuale, ”life e non second life”, per una certa idea di domani ma già così felicemente attuale.

Il tracciato teorico di Eleonora Orlandi non consente di prevedere nuovi traguardi poiché si intuisce la ricchezza del suo messaggio e la profondità delle sue idee, dunque ogni progetto torna ad avere quello stupore, quel mistero che fanno un’architettura: l’Architettura, sempre o comunque.

Eleonora Orlandi – Cloud Fabuland

Potremmo anche affermare che rispetto a questa visionaria ricerca intellettuale non possiamo restare indifferenti e soprattutto non possiamo ignorare i paradigmi di questa frenetica scorribanda culturale, complessa, ma inevitabile traguardo di lunghi anni di formazione e apprendistato umanistico, poetico e sensoriale.

Ecco non dimentichiamo i sensi, tutti i sensi perché Eleonora li usa tutti per progettare, li stimola senza alcuna timidezza e senza sapere fino a che punto la sensorialità può essere utilizzata, fino a che punto la nostra percezione aumentata possa dare i risultati che l’architetto richiede.

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E in questo c’è l’enorme modernità, e contemporaneità di questa azione inarrestabile che solo le nuove generazioni possono insegnarci, perché la west coast “non è un paese per vecchi”, ma forse sulle quelle spiagge continua a succedere qualcosa, e noi abbiamo il dovere di capire cosa e dove sta andando questo vecchio mondo in rovina.

Leggete attentamente i disegni che vedrete a corredo di questo editoriale, perché sono l’esempio di quanto lontano si possa spingere l’architettura e quanto abbia ancora da dire, se solo riuscissimo a dimenticare la retorica degli equilibri consolidati, le certezze e le banalità che inquinano il panorama culturale e la storia del progetto.

Eleonora Orlandi – Cloud Fabuland

Questo programma esistenziale ci dimostra che la ricerca è possibile e ce lo dice con parole piane e chiare una giovane progettista ancora non contaminata dal successo che presto le arriverà, ancora libera dai condizionamenti delle scuole e delle “tendenze”, pronta a dare nuova linfa una disciplina affaticata e lievemente depressa, nonostante i lustrini e i red carpet. Nel lavoro dell’architettrice possiamo trovare quelle qualità perdute che ci fanno ben sperare sullo stato energetico della teoria e della ricerca.

Basta cercare, basta avere una diversa attenzione ai fenomeni che parlano con cognizione di causa nel rumore della società della comunicazione che, oggi, più che mai dovrà confrontarsi con queste verità, rispondere alle domande che Eleonora ci ha posto con forza, da una spiaggia, sull’Oceano Pacifico.


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