gaetano pesce

Gaetano Pesce ci lascia. Un designer indimenticabile. Già i titoli dei suoi libri erano un programma: “La completa incoerenza”, ”il rumore del tempo”, ”il tempo della diversità”, o “il futuro potrebbe essere passato” tra i tanti musei che conservano le sue opere ricordiamo il MOMA, e il Metropolitan Museum di New York, il Victoria and Albert Museum di Londra, il Centre George Pompidou di Parigi e altri
cento altri ancora.
Artista, designer, architetto, ”teorico dell’incoerenza”, anticipatore di trend e visionario, umanista e scienziato. Dallo IU di Venezia allo studio di New York dove è scomparso in questi giorni, Pesce incarna una personalissima parabola professionale e creativa nata dal controllo dell’innovazione tecnica e tecnologica attraverso l’uso di materiali quali la schiuma di poliuretano a iniezione, usata per l’iconica serie UP.

“A proposito di quel periodo aggiunge poi che per Pesce segnò «l’inizio di un profondo riorientamento» I movimenti a cui accenna sono quelli nati in varie città d’Italia (Milano, Firenze, Torino e Napoli) intorno al 1968 e raccolti in una nuova area di ricerca che Germano Celant definì nel 1969 Radical Design”. France Vanlaethem.

Si potrebbe facilmente stabilire che teoricamente e attraverso le sue realizzazioni Pesce, si distacca da ogni forma di radicalismo progettuale, lo avviluppa e lo trasforma secondo esigenze personalissime e ne restituisce i principi che attraverseranno tutta la sua lunghissima produzione, ancorandola ad alcuni “punti semantici” che si reitereranno nel tempo.


Alcuni concetti chiave trovano nel suo lavoro e nella sua poetica, una profonda identificazione tra teoria e prassi, come ” il non finito” come traguardo della sua cultura progettuale, come i famosissimi elementi d’arredo e design (Tramonto a New York, Up5 & Up6, Broadway, Feltri, No body’s perfect, Moloch) e ancora lo scintillante lampadario Mediterraneo per Swarowski, l’Umbrella Chair per Zerodisegno, la sedia Brodway per Bernini, L’Abbraccio disegnata per Le Fablier.

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Pesce formalizza la sua ricerca rendendola sempre imprevedibile, incoerente, ed è una scelta compositiva irrinunciabile per chi come lui ha dovuto relegare nel magazzino delle idee i suoi vecchi maestri (Scarpa, Rogers), ma salva Zevi perché come ripete, fin dai tempi dell’IUAV di Venezia, ”lui lo capisce”.

“In quel momento io raccontavo una storia personale su quello che è il mio concetto sulla
donna: la donna è sempre stata, suo malgrado, prigioniera di sé. Così mi è piaciuto dare a
questa poltrona una forma di donna con la palla al piede, che costituisce anche l’immagine
tradizionale del prigioniero”.
G.P.a proposito della poltrona UP 5, per C&B Italia,1969.

“l’equivalente architettonico di un brainstorming”.
Herbert Muschamp


L’”uomo di schiuma” lo definiva il grande Scarpa, che univa la descrizione della sua ricerca ed in effetti plastiche, e schiume rappresentano una cifra stilistica che mai lo abbandonerà, poiché ne intuisce la bellezza e la flessibilità in grado di rendere “oggetto d’arte”, ogni “progetto di design, almeno quasi sempre, quando è possibile. Tavoli, sedie, divani ed elementi vari simili, unici e diversi, con lo spettacolo del poliuretano che si colora, e colora gli stampi secondo una logica casuale, un vero esempio di “architettura stocastica”, sintesi di casualità e progetto; nel senso che pur essendo dominata dal principio della probabilità e dell’indeterminatezza tende verso una meta già prefissata, un progetto comunque predefinito.

Con Gaetano Pesce scompare l’ultimo pezzo prezioso del Radical Design che ha illuminato gli ultimi anni della storia del pensiero estetico di questo paese e del mondo, un momento irripetibile dove: committenza illuminata, sperimentazione e azzardo erano componenti irrinunciabili, nelle prassi progettuali condivise. L’etica e l’estetica erano, in questo gigante della cultura progettuale, facce della stessa medaglia, al punto che bello e buono, potevano scambiarsi ogni tipo di senso di utilità, e
Gaetano Pesce è stato l’Apostolo laico di questa lunga stagione, sicuri che il suo insegnamento spericolato non finirà mai di sbalordirci.

«Negli ultimi trent’anni ho cercato di restituire all’architettura la sua capacità di essere utile, attraverso la citazione di immagini figurative e riconoscibili, prese dalla strada e dalla cultura popolare, e attraverso la creazione di nuove tipologie. […] Ho cercato di comunicare sorpresa, scoperta, ottimismo, stimolo, originalità» G.P.

“(…) ritengo che è la morte a renderci uguali, e che essere vivi significa essere differenti e, come ognuno di noi ha questo diritto, ritengo che gli oggetti stessi che ci circondano nel piccolo arco della nostra vita devono poter godere di tale prerogativa”.

Gaetano Pesce

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