Giorgio de Silva: Il design nel cinema recensione libro

“Non c’è nessun posto come la propria casa”. (Il Mago di Oz, regia Victor Fleming, 1939)

Sono usciti recentemente tre nuovi libri sul design, oggi in un momento di grande riflessione per quanto concerne la disciplina stessa e il suo ruolo nella contemporaneità: il poderoso e ponderoso (1.040 pagine) “Compasso d’Oro. Adi Design Museum. Collezione Storica”, edito da Treccani; il più compatto “La sicurezza degli oggetti”, numero speciale della rivista del Post “Cose spiegate bene”, in collaborazione con Iperborea; e lo scenografico “Il design nel cinema” scritto da Giorgio de Silva, architetto, per l’editore Lindau (e seguito ideale di “L’architettura nel cinema” dello stesso autore ed editore).

Cosa si possa intendere per design (definizione sempre difficile: ogni bravo designer ne ha una) lo sintetizza in poche righe de Silva: “Per me il design è la pratica del designare (dal latino designare, da cui designator, assegnatore, ordinatore, cioè colui che designa) e non soltanto del disegnare (designer, colui che disegna), che nella sua accezione universalistica appartiene a tutte le discipline artistiche. Questo designare è scienza del fissare, stabilire, determinare le regole e le metodiche del progetto per costruire un oggetto, che sia o meno estetico, formale, utile, funzionale, tecnologico, attraverso un codice, per giungere alla realizzazione d’ogni genere di prodotto artigianale e industriale. Opere designate da artigiani, pittori, scultori, fotografi, architetti, registi e, appunto, industrial designer. Designate perché sostenute da un sostrato, un principio meta-progettuale che, mappa comune, va oltre la forma (centro-spazio-tempo, punto-linea-superficie, luce-penombra-ombra-colore). Mappa da cui emergono le cose utili al vivere quotidiano: per esempio la caffettiera di Bialetti o il dipinto di Mondrian o le scene cinematografiche di Bergman. Una forma di conoscenza, consapevolezza etica, sociale, culturale, però, di pochi privilegiati”.

Nota nella prefazione Riccardo Bedrone, architetto e docente: “Il cinema è sempre stato un mezzo di espressione capace di mixare diverse forme artistiche: letteratura, musica, arte, grafica, moda, superando i confini della disciplina e integrandosi con le abitudini e i desideri della società”.

Tra le pagine del volume si rincorrono oggetti che hanno fatto la storia del design tra le immagini di film che hanno fatto la storia del cinema (tante storie o un’unica storia?). Sfogliando a caso: le sedute Knoll negli uffici del Diavolo veste Prada; il design di Saarinen in Solaris e Men in Black; gli interni di Jep Gambardella nella Grande Bellezza, dove spiccano la Egg Chair, Philippe Starck, gli eterni Castiglioni e ancora il tavolo Tulip insieme alla Poltrona di Proust; le Barcellona di American Psycho…

Giorgio de Silva: Il design nel cinema recensione libro
Un discorso a parte merita il design delle auto: dalla Lancia Aurelia B24 Spider de Il Sorpasso alla Bianchina di Fantozzi, dalla Chevrolet Camaro che si trasforma nell’Autobot Bulblebee in Transformers alla V8 Interceptor di Mad Max (e sento la mancanza del Duetto Alfa Romeo de Il Laureato).

Nel tempo il lavoro del designer ha allargato il campo di azione verso produzioni immateriali, che hanno acquistato una straordinaria rilevanza nella società digitale. Quindi il design è uscito dall’ambito strettamente visuale o legato allo stile degli oggetti ed è più difficile legarlo solamente a pure immagini.

Ma il testo sembra suggerire un gioco, quasi invitando il lettore a ricordare nei film visti gli oggetti e gli interni non compresi nella raccolta. Mi sono venuti in mente, in ordine sparso, gli arredi e le scenografie di Indagine di un cittadino al di sopra di ogni sospetto (il protagonista abita nella casa-studio dell’architetto Francesco Berarducci) e quelli di Rollerball, il primo non l’inutile remake (per citare il moderno e il futuro) ma anche l’esplosione definitiva di Zabriskie Point con la colonna sonora dei Pink Floyd.

That’s all folks!

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TwittaLa parola design è espressione di una connessione interna tra arte e tecnica. Giorgio de Silva: Il design nel cinema #Lindau via @danilopremoli #OneListoneGiordano https://one.listonegiordano.com/author/danilopremoli/

TwittaRiconoscere un bisogno è la condizione primaria del design, cit. Charles Eames. Giorgio de Silva: Il design nel cinema #Lindau via @danilopremoli #OneListoneGiordano https://one.listonegiordano.com/author/danilopremoli/

TwittaIl design è l’organizzazione del visibile, cit. Peter Behrens. Giorgio de Silva: Il design nel cinema #Lindau via @danilopremoli #OneListoneGiordano https://one.listonegiordano.com/author/danilopremoli/

 
Giorgio de Silva
Il design nel cinema

 
Lindau, 2024
pp. 344
Isbn 9791255841821
 
Recensione di Danilo Premoli – Office Observer  
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